Packaging auspicabile. Meno sostenibile e più inclusivo.

Ci sono comportamenti che rispettano più la società che l’ambiente naturale? Come può il packaging influire sui comportamenti socialmente responsabili delle aziende? Oltre l’ambiente, ci sono altri criteri di sostenibilità da considerare, per generare un packaging responsabile e inclusivo? Dove devono guardare i reparti di ricerca e sviluppo in materia di packaging? Quali sono le novità, i casi di studio e i trend più interessanti nel settore del packaging?

Tutti ci auguriamo l’adozione di comportamenti sempre più responsabili, specie da parte di aziende che producono beni e che si avvalgono di confezioni legate alla loro conservazione o al loro trasporto. Responsabilità è spesso sinonimo di sostenibilità ambientale, mentre meno comune è il concetto di sostenibilità sociale, che attiene alla capacità di riuscire concretamente ad adottare comportamenti improntati all’equità e al rispetto della dignità umana e all’inclusività.

Potrebbero quindi esserci comportamenti socialmente responsabili e ambientalmente insostenibili?

Uno sguardo ai trend più innovativi del settore ci aiuterà a mettere a fuoco una nuova idea di packaging, dove la sostenibilità non è più solo sinonimo di rispetto dell’ambiente, quanto il risultato di scelte da praticare in funzione dei cambiamenti sociali della nostra epoca. Il Covid-19 ha infatti riportato in auge la sicurezza del pack primario in plastica, quello che avvolge il prodotto, specie in ambito alimentare sia nella grande distribuzione sia per i servizi di asporto e consegna del cibo. A fronte invece di una tendenza suggerita da diverse legislazioni di ridurre a 0 il ricorso alla plastica per quanto concerne il pack di secondo grado, quello che avvolge il prodotto già protetto da pellicola o da plastica in polimeri differenti.

La sostenibilità del packaging va oltre il rispetto dell’ambiente naturale e in talune best practice riesce a stimolare l’inclusione sociale. McDonald’s, ad esempio, ha di recente lanciato il pack EatQual, nel tentativo ben riuscito di agevolare i diversamente abili, privi di uno degli arti superiori, messi in condizione di poter gestire con maggiore comodità l’apertura dell’involucro esterno che preserva il panino. Sempre nell’ambito dell’inclusione sociale brilla, il packaging secondario concepito da Kellogg’s, grazie alle scatole Coco Pops per non vedenti e ipovedenti del Regno Unito. Attraverso l’apposizione di un codice univoco sulla confezione leggibile al tatto da un non vedente, è possibile ricevere da smartphone le informazioni audio sulla composizione e sugli ingredienti presenti in confezione. Il progetto è stato concepito e sviluppato tra Kellogg’s e la Royal National Institute of Blind People (RNIB), consentendo anche ai non vedenti di ricevere informazioni dettagliate sugli allergeni, possibilità che altrimenti sarebbero precluse a questa fetta di consumatori.

Come emerge da questa breve rassegna di casi e di tendenze, sono ancora tantissime le sfide da raccogliere nella ricerca e sviluppo del packaging che possono impattare sulla qualità della vita di categorie svantaggiate. Ancora una volta, il marketing, grazie al packaging, ha una importante possibilità per entrare con pieno merito nel campo dell’etica.

La Unit MAF di Ricerca, Sviluppo e Prototipazione monitora costantemente i trend intersettoriali che sperimentano nuove soluzioni packaging in ambito etico, sostenibile o rivolto alla sostenibilità e all’inclusione sociale. Comprendere le esigenze di utilizzo del pack da parte di soggetti diversamente abili è una sfida di civiltà da assumere sempre, tra le priorità di chi come MAF lavora ad un’idea di sostenibilità globale.



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